Ecco un altro capitolo importante della mia passione calcistica,
la coda.
Premesso che ho 36 anni, ma mi sento in coda da quel lontanissimo 1972; premesso che non potrò andare a Madrid per questioni di lavoro; premesso che se avessi detto alla Dolce Metà "ci andiamo a fare un giretto a Madrid il 22?", sulle prime non avrebbe capito (odia letteralmente il calcio, per cui non avrebbe afferrato, l'ho portata a San Siro, a Old Trafford, al Bernabeu, a Stamford Bridge e l'unica cosa che ha saputo fare è stata lamentarsi della confusione...), poi, appena fatta mente locale, mi avrebbe tirato un calcio nel culo di punta; premesso che la Piccolina ha da poco compiuto 14 mesi e non può essere portata allo Stadio; premesso che, in qualsiasi caso, non avevo nessuna possibilità di metermi in fila e che non sono mai andato a caccia di bagarini in Italia nè tantomeno all'estero; io, da un paio di settimane sono in coda costante.
Sono in coda perchè il calcio è da sempre una delle parti più importanti della mia vita, io con il calcio ho imparato a stare in gruppo e, lo so che sembra una bestemmia a chiunque sia dotato di un minimo di buon senso, a fare il lavoro che faccio, cioè guidare le persone e amministrare le cose.
Sono in coda perchè il calcio ha permesso all'Ingegnere di studiare e diventare quello che è diventato, dando così alla mia famiglia una tranquillità finanziaria difficilmente ipotizzabile se si pensa che mio nonno era il 14° di 14 figli di un mugnaio a cottimo e che ha sempre fatto l'operaio.
Sono in coda perchè un 5 maggio di qualche anno fa, la Dolce Metà, pur non capendo, ha compreso il "dramma" e lì ho saputo che, seppure stavamo insieme da davvero poco tempo, lei sarebbe stata la madre della mia (fino ad ora) unica figlia.
Sono in coda perchè il calcio mi ha insegnato l'etica del sacrificio, con quelle serate fredde, ventose, piovose o nevose in cui l'Ingegnere mi portava sul campo a stoppare quel pallone scagliato a decine di metri per aria che ricadeva a terra come un masso o colpendo di testa la palla sapendo che probabilmente mi sarebbe rimasto il segno.
Sono in coda perchè, anche dopo una giornata di merda, in cui nemmeno in palestra le cose sono girate come dovevano girare, accendo la tv e riesco ad astrarre me stesso da tutto pensando ad una sfera che rotola su un fazzoletto di erba (sperando che i giardinieri abbiano fatto con decenza il proprio lavoro) verde.
Sono in coda perchè, qualche volta, voglio credere alle favole, pur sapendo che è tutto un business, che, effettivamente, è tutto falso, che tutto ruota intorno al denaro, come il resto della vita, ma voglio illudermi che in quel momento ci sia un'epica, seppure falsa come le battaglie descritte da Omero.
Sono in coda perchè, in fondo, rimango sempre quel ragazzino con la maglietta taroccata di Beccalossi che viene portato allo stadio dal padre e rimane un quarto d'ora a bocca aperta a rimirare gli spalti gremiti.
Sono in coda per quel Colonia - Inter 1-3, quarto di finale di Coppa Uefa, in cui una squadra in 10 per un tempo infinito, fuori casa e con un attacco rimaneggiato ha saputo entusiasmare un bambino in modo tale da non fargli prendere sonno fino alle 2 del mattino.
Sono in coda perchè sì, cazzo, perchè alle volte è bello essere in coda così, anche se poi tutto si scazzerà e la vita continuerà sempre come prima.